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Il titolo è un gioco di parole che sottintende il significato della performance:
USCIRE FUORI DALLA ROUTINE IN CUI SI E’ IMMERSI.
Il lavoro viene presentato in un unico atto suddiviso in più scene, frammenti di vita quotidiana interpretati dalle danzatrici con un tocco di sapiente ironia che cela in realtà il crescente disagio e il senso di inadeguatezza.
La frammentazione della società è inscindibilmente legata ad un insuccesso della comunicazione, ad un fallimento del linguaggio. Ciò porta inevitabilmente al decadimento della capacità di dialogare, caratteristica peculiare del nostro essere umani. Quando si è privi della consapevolezza che dall’altra parte c’è qualcuno il dialogo diventa un monologo e, nel peggiore dei casi, addirittura assenza totale di parole.
Come scrive Simona Caleo: “[…] Nella saturazione di una comunicazione frenetica e autoreferenziale non ci sono più spazi bianchi. Non ci sono pause. Non c’è ascolto, se non quel tanto che basta a replicare ancora, a pestare rapidamente una tastiera o un display, ad accumulare una documentazione che sostituisce la fruizione diretta degli eventi, delle cose, degli altri.” (tratto dalla rivista Buddismo e Società n. 186)
E ancora: “Ormai nessuno ha più tempo per nulla. Neppure di meravigliarsi, inorridirsi, commuoversi, innamorarsi, stare con sé stessi. Le scuse per non fermarci a chiedere se questo correre ci rende felici sono migliaia e, se non ci sono, siamo bravissimi a inventarle.” (T. Terzani)
L’indagine artistica mira a sottolineare la quotidianità che purtroppo ci circonda: persone che vivono senza rendersi conto della vita stessa, un mondo in cui siamo apparentemente sempre connessi, brillanti ed efficienti senza essere, nella maggior parte dei casi, realmente presenti.


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